venerdì 8 luglio 2011

Sulla congruità del TFM per gli Amministratori di Società

L'Amministrazione Finanziaria non può sindacare sulla congruità e sulla deducibilità del trattamento di fine mandato (T.F.M.) per gli Amministratori di Società a condizione che il trattamento sia stato deliberato dall'Assemblea dei Soci e risulti da atto avente data certa antecedente all'inizio del rapporto (nomina o rinnovo).

La sentenza 24957 del 10/12/2010 della Corte di Cassazione, sembra mettere finalmente la parola "fine" alla vicenda che aveva visto, nel corso dell'ultimo decennio, un susseguirsi di interpretazioni di varia natura e che, di fatto, permettevano all'Amministrazione Finanziaria di mettere in discussione sia l'entità dei compensi attribuiti al Consiglio di Amministrazione, che la deducibilità degli stessi ai fini del reddito di impresa.

Il trattamento di fine mandato è un'indennità che l'impresa si impegna a corrispondere agli amministratori alla scadenza del mandato. Come il compenso, deve essere preventivamente stabilita e determinata dall'atto costitutivo della società o dall'assemblea dei soci. Può essere stabilita in misura fissa, percentuale sul compenso annuo o proporzionalmente ad alcune grandezze del bilancio.

Il TFM è applicabile agli amministratori di società, ai procuratori, ai consiglieri e, più in generale, a tutti i collaboratori legati all'azienda da un contratto di collaborazione a progetto.

Le forme societarie cui si può applicare sono:
- società di persone (S.n.c.  e S.a.s);
- società di capitali (S.r.l., S.p.a. e S.a.p.a.);
- società cooperative;
- società di mutua assicurazione;
- associazioni professionali con particolari caratteristiche;
- enti pubblici o privati;
- qualsiasi soggetto giuridico che stipuli contratti di collaborazione a progetto.
 
Se il diritto all'indennità risulta da data certa anteriore all'inizio del rapporto (nomina o rinnovo):
- la società deduce in ogni esercizio la quota Tfm di competenza (è indeducibile ai fini Irap) e, alla cessazione del mandato, eroga l'indennità al netto della ritenuta d'acconto del 20% (circolare 37/E 6/7/01) da versare all'Erario con cod.1040;
- l'indennità incassata dall'amministratore è soggetta a tassazione separata (art.17c del Tuir). L'Agenzia delle Entrate provvede al ricalcolo dell'imposta, con il criterio della tassazione separata, applicando l'aliquota corrispondente al reddito medio del biennio precedente alla fine del mandato ovvero, se più favorevole all'amministratore, l'aliquota dell'anno di pagamento.


In mancanza della data certa le indennità corrisposte potranno essere portate in deduzione solamente nell'anno in cui sono state effettivamente erogate. L'indennità concorrerebbe integralmente alla formazione del reddito dell'amministratore e sarebbe soggetta a tassazione ordinaria secondo lo stesso trattamento del compenso ricorrente.

Il riconoscimento della data certa anteriore al rapporto, si potrebbe alternativamente ottenere con:
a) redazione di verbale di assemblea da parte di un notaio;
b) estratto notarile del libro delle deliberazioni dell'assemblea;
c) autenticazione notarile delle firme dei soci sul verbale di delibera;
d) notifica rituale del verbale di delibera all'amministratore stesso;
e) registrazione della delibera dei soci presso l'Ufficio del Registro;
f) invio all'amministratore con raccomandata di copia della delibera in plico senza busta.

La società può decidere di accantonare l'indennità di fine mandato in una polizza di assicurazione caso vita, o caso vita + morte, che offre i seguenti vantaggi:
- salvaguarda l'equilibrio finanziario nell'esercizio in cui dovrà essere corrisposta l'indennità (
costituzione certa della provvista di fondi necessari alla liquidazione dell'amministratore);
- il capitale accantonato si rivaluta;
- le somme corrisposte alla compagnia di assicurazione sono impignorabili e insequestrabili (art.1923 c.c.)

Il contraente della polizza è sempre la società, mentre il beneficiario può essere la società o l'amministratore. In questo secondo caso la plusvalenza maturata durante l'accantonamento è percepita dall'amministratore e non concorrendo alla formazione del suo reddito imponibile è tassata unicamente al 12,5%.


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martedì 5 luglio 2011

Eredi legittimi e polizze vita

Cassazione Civile II, sentenza 6351 del 23-03-2006


Successioni e donazioni - Donazioni indirette - Assicurazione sulla vita
Deve escludersi che il contratto di assicurazione sulla vita in favore dell´erede legittimo o testamentario possa qualificarsi quale donazione indiretta del contraente in favore dei terzi designati. Ed infatti la corresponsione dell´indennità in favore del beneficiario, pur se derivante dal contratto stipulato dal contraente assicurato a favore del terzo designato, non determina un corrispondente depauperamento del patrimonio del contraente assicurato e, pertanto, non può ritenersi costituire oggetto di un atto di liberalità ai sensi dell´art. 809 c.c. assoggettabile alle norme sulla riduzione delle donazioni per integrare la quota dovuta ai legittimari. Il solo depauperamento che si verifica nel patrimonio del contraente assicurato è costituito dal versamento dei premi assicurativi da lui eseguito in vita e, pertanto, solo le somme versate a tale titolo possono considerarsi oggetto di liberalità indiretta a favore del terzo designato come beneficiario, con conseguente assoggettabilità all´azione di riduzione proposta dagli eredi legittimi.

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Pignorabilità e sequestrabilità delle Polizze sulla Vita

Fonte Assinews:


L'articolo 1923 del codice civile - diritti dei creditori e degli eredi - al primo comma dice: le somme dovute dall'assicuratore al contraente o al beneficiario non possono essere sottoposte ad azione esecutiva o cautelare.

In pratica tutte le polizze in cui è presente seppur in minima parte  il rischio demografico e nelle quali è presente la figura dell’assicurato che si possono qualificare come polizze vita quali le caso morte, caso vita, miste, in valuta, index e unit linked, ecc. non sono sequestrabili o pignorabili.
Qualcosa è cambiato quando la prima sezione della Corte di Cassazione, con sentenza della prima sezione civile n. 8676 del 25 gennaio - 26 giugno 2000 ha dato una lettura restrittiva all'articolo 1923 con l'obiettivo di scoraggiare chi, mediante i versamenti in un prodotto assicurativo, cercasse uno scudo giuridico al riparo dei creditori.

La Corte di Cassazione ritiene che, oggetto  delle speciali tutele previste dall'articolo 1923 come impignorabilità e insequestrabilità, siano la rendita o il capitale erogati a favore del contraente o del beneficiario al verificarsi dell'evento per cui è stato stipulato il contratto.

L'indennizzo finale che l'assicuratore paga a favore dei beneficiari nel caso morte e il capitale e/o rendita a favore del contraente o del beneficiario nel caso vita sono esenti da pignoramento, da sequestri e anche dal fallimento.
Il raggiungimento dell'evento assicurato rappresenta la concretizzazione del contratto stipulato e l'indennizzo finale la sua conclusione.

Diversa è l'interpretazione che la Corte di Cassazione ha sentenziato riguardo ai riscatti effettuati prima che l'evento oggetto di contratto si sia realizzato.
Le somme ricevute come riscatti anticipati da parte della compagnia a favore dell'assicurato o di chi risulta legittimato a riceverle possono essere aggredite dai creditori e confluiscono nel fallimento.

In pratica, l'impignorabilità e la non sequestrabilità delle polizze miste, caso vita e morte, index e unit linked,…sono diritti inviolabili se vengono portati a termine i contratti fino al verificarsi dell'evento assicurato, altrimenti, se si effettua un disinvestimento anticipato si presuppone che siano stati sottoscritti solamente con la chiara intenzione di eludere i creditori.

Innovativa  è invece la pronuncia del Tribunale di Parma del 10.08.2010, con la quale si dichiara la non applicabilità del divieto di pignoramento delle polizze vita a quelle rientranti nelle categorie unit ed index linked.
Negli ultimi anni, il mondo assicurativo ha proposto ai consumatori delle particolari polizze vita che prendono il nome di polizze unit linked ed index linked.
La loro particolarità risiede nel fatto che il premio versato garantisce un rendimento collegato all’andamento di un fondo finanziario (per le unit linked) o di un indice azionario (per le index linked) che può essere riscosso – insieme al capitale versato – non solo in caso di morte dell’assicurato, ma anche alla scadenza naturale del contratto “assicurativo”.

Nella sentenza de qua, il Tribunale di Parma solleva il velo sulla congerie di prodotti finanziari proposti come “assicurazioni sulla vita” precisando la ratio, e di conseguenza il limite di applicazione, del principio di impignorabilità e insequestrabilità delle somme relative all’assicurazione sulla vita, sancito dall’art. 1923 cod. civ.

Pur confermando tale principio, il Tribunale di Parma ha stabilito che le polizze index o unit linked sono da considerarsi prodotti finanziari a tutti gli effetti in quanto le caratteristiche tipiche di “prodotto finanziario” prevalgono sulla componente assicurativa, ancorché presente.
In particolare, il fatto che tali polizze siano contratti legati agli indici di uno o più mercati borsistici significa che l'entità del capitale assicurato dipende interamente da un indice azionario. Inoltre, nella maggior parte dei casi, le polizze sono a premio unico e possono essere sottoscritte per coprire sia il caso vita che il caso morte.
Ne deriva che è del tutto secondario che a tale forma di investimento finanziario sia associata un’assicurazione sulla vita per il periodo dell’investimento.

Costituendo soprattutto un investimento finanziario che non ha la finalità, almeno in via principale, di soddisfare bisogni di carattere previdenziale, tali prodotti non possono beneficiare del divieto di pignorabilità previsto dal legislatore, potendo quindi essere aggrediti con le normali procedure esecutive.

In conclusione, risulta di palmare evidenza che, qualora venisse definitivamente acquisito il principio sostanzialistico espresso dal Tribunale di Parma, si realizzerebbe una forte espansione dei poteri dei creditori di quei soggetti che, proprio per evitare di subire azioni esecutive, hanno sottoscritto polizze index o unit linked nella speranza di approfittare del regime previsto dall’art. 1923 del cod. civ..

Alla luce di questa sentenza vi è una schiera di magistrati che ritiene che tali contratti non siano da ascriversi nei contratti vita e come tali non godano dei benefici di impignorabilità e  insequestrabilità e  un’altra serie di esperti che invece sostengono l’assoluta appartenenza ai contratti vita perché per il  1882 contengono  il rischio  demografico anche se in minima parte e quindi sono da ascriversi ai contratti vita.
Resto scettico sui contratti di capitalizzazione che non avendo inserita in polizza la figura dell’assicurato non possono dirsi a pieno titolo contratti vita e come tali non fruiscono dei benefici del 1923 C.C.
Cito per la cronaca anche un’altra sentenza della Corte di Cassazione a favore dell’impignorabilità di un soggetto al quale il curatore fallimentare voleva nel fallimento far confluire anche una polizza che era stata stipulata in bonis cioè in epoca non sospetta a puro titolo previdenziale che nulla aveva a che fare con il pregiudizio dei creditori e la sentenza ha ribadito il divieto di pignoramento di quelle somme   Le sezioni unite della Cassazione, con la sentenza n. 8271 del 31 marzo 2008, hanno risolto il contrasto giurisprudenziale (tra Cass. n. 8676/00 e le precedenti Cass. nn. 1811/65; 2802/72; 11975/99) in ordine alla questione se sia o non sia legittimato il curatore del fallimento ad esercitare il riscatto della polizza vita stipulata dal fallito, già in bonis, con l’impresa assicuratrice, stabilendo che “non essendo (per la loro funzione previdenziale) acquisibili al fallimento le somme dovute al fallito in base a contratto di assicurazione sulla vita, non è conseguentemente legittimato il curatore ad agire nei confronti dell’assicuratore per ottenere il valore di riscatto della correlativa polizza”.
In conclusione ferma la validità dell’art. 1923 c.c,  laddove si evinca la malafede e il dolo  in pregiudizio dei creditori oltre al diritto fallimentare e alle revocatorie relative,anche la magistratura ordinaria può giudicare pignorabili e sequestrabili le somme accantonate su un contratto vita; dove sono palesi le finalità previdenziali e   il contratto è stato stipulato in bonis senza alcun legame con creditori ipotetici futuri, la polizza vita è ancora oggi , al di là di sentenze dell’ultima ora frutto più di un vezzo giuridico  che di una reale modificazione degli intenti previdenziali stabiliti dal codice, l’unico strumento che difende i capitali da eventuali creditori.

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lunedì 4 luglio 2011

Art.1923 Codice Civile

Dispositivo dell'art. 1923 Codice Civile

Fonti → Codice Civile → LIBRO QUARTO - DELLE OBBLIGAZIONI → Titolo III - Dei singoli contratti (Artt. 1470-1986) → Capo XX - Dell'assicurazione

Le somme dovute dall'assicuratore al contraente o al beneficiario non possono essere sottoposte ad azione esecutiva o cautelare. Sono salve, rispetto ai premi pagati, le disposizioni relative alla revocazione degli atti compiuti in pregiudizio dei creditori [2901; l.f. 6 ss.] e quelle relative alla collazione [737], all'imputazione [747] e alla riduzione delle donazioni [555] (1).

Note
(1) La norma ha lo scopo di proteggere i diritti che la polizza assicurativa garantisce al contraente o al beneficiario dalle eventuali pretese dei creditori e degli eredi di questi. Il legislatore infatti stabilisce che le somme dovute dall'assicuratore sono sottratte all'azione esecutiva o cautelare. La legge però considera il caso in cui il contraente, attraverso il pagamento di premi, abbia voluto danneggiare i suoi creditori riducendo il suo patrimonio. In questo caso i creditori possono far valere i propri diritti sulle somme dovute dall'assicuratore, ma solo nei limiti dell'importo dei premi corrisposti per il contratto.

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domenica 3 luglio 2011

Art.1920 Codice Civile

Dispositivo dell'art. 1920 Codice Civile

Fonti → Codice Civile → LIBRO QUARTO - DELLE OBBLIGAZIONI → Titolo III - Dei singoli contratti (Artt. 1470-1986) → Capo XX - Dell'assicurazione

È valida l'assicurazione sulla vita a favore di un terzo[741]. La designazione del beneficiario può essere fatta nel contratto di assicurazione, o con successiva dichiarazione scritta comunicata all'assicuratore, o per testamento [587]; essa è efficace anche se il beneficiario è determinato solo genericamente [628]. Equivale a designazione l'attribuzione della somma assicurata fatta nel testamento a favore di una determinata persona (1). Per effetto della designazione il terzo acquista un diritto proprio ai vantaggi dell'assicurazione [1411] (2).

Note
(1) Nel contratto la designazione può avvenire anche in modo generico (es.: i figli, la moglie) purché al momento in cui è dovuta l'indennità sia possibile individuare in modo preciso il beneficiario.

(2) Quando il beneficiario è stato designato al momento della conclusione del contratto e non c'è stata variazione per volontà del contraente, il soggetto acquista un diritto proprio alle somme assicurate. Si tratta di un diritto autonomo nel senso che non ha alcun effetto sul patrimonio del contraente; di conseguenza, i suoi eredi non potranno rifarsi su tale somma per soddisfare i loro diritti. È possibile che l'indicazione del beneficiario avvenga durante il contratto; in tal caso il contratto nasce come contratto stipulato a favore del contraente.

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